venerdì 27 maggio 2011

Bossi e il referendum, attrazione fatale



di Sabino Di Chio

"Alcuni quesiti sono attraenti, come quello sull'acqua. Avevamo chiesto a Berlusconi di fare una legge e noi l'avremmo appoggiata poi si è messo di messo Fitto e alla fine nessuno l'ha fatta". Testo e musica di Umberto Bossi, ministro delle Riforme per il Federalismo.

La lettura mette i brividi. Ci troviamo di fronte all'ennesima dichiarazione estemporanea, format privilegiato in cui gli esponenti del Governo amano concentrare il loro operato. L'autore è Umberto Bossi che nel settore recita con successo la parte del sincero, l'infiltrato del popolo, che per carisma, esperienza e conclamato deficit di buona educazione può permettersi di "dire le cose come stanno", svelare il retroscena al padano adorante ma diffidente. Il mansionario lo induce spesso a sintesi tranchant che vanno dal dito medio alle ingiurie (vedi Pisapia "matto") dalla confusione tra incarichi pubblici e rapporti privati (spesso risolve con un "Berlusconi me l'ha promesso") alla forzatura faziosa (da "zingaropoli" a "fora di ball"). L'Umberto, insomma, alla telecamera deve dare di gomito, ricreare l'atmosfera da bar dove ergersi nella parte del dritto, di quello che la sa lunga e illumina l'ignaro compagno di bevuta.

Il copione è rispettato con questa dichiarazione. L'analisi politica è travolgente: i quesiti sarebbero "attraenti". L'aggettivo, espropriato di peso a Megan Fox, non è esattamente quello che ci si aspettava dalla prima dichiarazione pubblica del ministro delle riforme su un appuntamento elettorale che chiede ai cittadini di partecipare ad una decisione strategica per il futuro di questo paese: stabilire il confine tra cosa è diritto e cosa è merce, fin dove si può estendere la logica del profitto e dove deve arretrare nel rispetto della dignità umana. Ameremmo sapere se questa attrazione fatale sarà in qualche modo soddisfatta, se il leghista cederà alla "tentazione" (per restare in tema) di fare il suo dovere di cittadino, se l'urna riuscirà a "sedurlo" il 12 giugno o se il complimento ai quesiti era solo un modo per ingelosire qualche alleato, nel solito giochetto autoreferenziale a cui ormai siamo abituati. Cosa ne pensa Umberto Bossi della privatizzazione delle risorse idriche? Non è dato saperlo. La storia, spietata, ci dice che i parlamentari del partito di cui è 'caro leader' hanno votato compatti la legge di cui i Comitati adesso chiedono l'abrogazione. Senza fiatare, con annesso voto di fiducia.

La seconda parte della dichiarazione è da antologia del bar. Umberto ci svela che nel segreto delle stanze romane, i padani hanno chiesto al capo di fare "una legge sull'acqua", garantendone l'appoggio. La prima domanda che viene in mente è: possibile che nemmeno un parlamentare leghista sia in grado di scrivere un testo di legge tanto da dover invocare l'intervento salvifico del sovrano? Poi, di fronte all'eventualità che il timore sia fondato, possibile che le leggi debbano essere esclusiva iniziativa del Presidente del Consiglio? Quello esecutivo non è un potere separato da quello legislativo? Dettagli. Tecnicismi. "Fora di ball" commenterebbe sagace l'ex senatore leggendo questa nota. Svetta su tutte, infine, la madre delle domande: una legge per sancire cosa? Per creare un'Autorità, privatizzare il settore o tutelare il bene comune trattenendolo in salde mani pubbliche? Ancora, non è dato saperlo. E comincia anche a passare la voglia di approfondire.

L'ultima parte è quella sorprendente. A sabotare la legge fantasma chi "si mette"? Nientemeno che l'ex governatore pugliese Raffaele Fitto, attuale ministro degli Affari Regionali. E qui la domanda la facciamo forte e chiara: ministro Fitto che posizione ha tenuto nella vicenda? Di quale opinione si è fatto portavoce in questo confronto da statisti? Ci risponda, la prego. Usando tutte le risorse logiche a disposizione e ipotizzando che Bossi conosca il meccanismo abrogativo del referendum, ci sentiamo di azzardare che la legge richiesta via chiacchiera dai leghisti a Berlusconi avrebbe ospitato norme in linea che le intenzioni dei promotori del referendum. E allora perchè "mettersi in mezzo"? In nome di chi?

Il finale è uno scenario desolante."Alla fine nessuno l'ha fatta". Questa immagine di immobilismo fatalista, tanto poco celtica, lascia l'amaro in bocca per il pressappochismo con cui le istituzioni si occupano di temi che gravano sulla quotidianità delle persone, la superficialità del potere di fronte ad un movimento popolare da 1,4 milioni di firme. C'è qui tutta la distanza tra casta e cittadinanza. Un'altra ragione per correre a votare il 12 e 13 giugno.

1 commento:

  1. la scelta della Lega a votare si , è vero opportunismo politico , la Lega fa parte integrante di un governo che ha promosso e votato il decreto Ronchi , del resto anche il Partito Democratico segue a ruota , abbiamo visto come la posizione del PD sia altrettanto ambigua , in questi ultimissimi giorni ha deciso di votare per il tutti e 4 i referendum , ma nel caso dei due sull'acqua , non ha aderito al comitato promotore o sostenitore , in quanto le loro posizioni rimangono nettamente diverse .Il PD ha depositato in parlamento la sua proposta di legge , cioè , privatizzare la rete e non l'acqua , sarebbe a dire : << tu ci metti il culo ed io la sedia , ma senza sedia tu non ti puoi sedere >> o meglio se non paghi l'affitto dellla sedia , rimani col culo per terra , il succo della proposta di legge è questa ! vero opportunismo politico .

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